Akt(e) 4-b.1-fasc.4 - Fotografie

Bruno Venturini_I Bruno Venturini_II Funerali di Bruno Venturini_I Funerali di Bruno Venturini_II

Bereich "Identifikation"

Identifikator/Signatur

IT ISCOP VB-1-4-b.1-fasc.4

Titel

Fotografie

Datum/Laufzeit

  • s.d. (Anlage)

Erschließungsstufe

Akt(e)

Umfang und Medium

4 fotografie.

Bereich "Kontext"

Name des Bestandsbildners

(1912 gen. 1 - 2013 feb. 28)

Biographische Angaben

Libera Callegari nasce il I gennaio 1912 a Padova da Paolo e Virginia Bertagnolli. Ha due sorelle, Pina e Pasqualina (detta Lina). La sua famiglia è attivamente antifascista e legata al fronte azionista di Ugo La Malfa. Si laurea in Chimica all’Università di Padova. Tra il 1936 ed il 1939 si trasferisce con la famiglia a Milano. Nel settembre 1943 sposa il partigiano Bruno Venturini, il 30 dicembre è arrestata insieme alla madre e alla sorella Lina e condannata per favoreggiamento di partigiani. Dopo aver scontato (incinta) tre mesi di reclusione nel carcere di San Vittore è sfollata a Bergamo, dove il 29 luglio 1944 dà alla luce la sua unica figlia, Anna Venturini. Trova impiego come chimico-analista alla Vielle Montagne e come responsabile della documentazione tecnica e della biblioteca della Montecatini. Il 29 novembre 1944 suo marito Bruno Venturini è ucciso a Brescia da un milite della Guardia nazionale repubblicana. Dal 1945 al 1946 è vice-commissario all’Igiene e sanità al Comitato di liberazione nazionale lombardo. Nel dopoguerra le è riconosciuta la qualifica di partigiana. Dopo la Liberazione prosegue la sua attività all’interno del Partito comunista italiano (PCI), a cui aveva aderito negli ultimi mesi dell’occupazione fascista: si occupa in particolare della Commissione femminile della Federazione di Milano e dell’assistenza alle famiglie bisognose (diventa anche vice-commissaria alla Sanità nel Ministero dell’assistenza post-bellica). Dedica tutta la sua vita all’assistenza: dal 1946 siede nel Consiglio di amministrazione dell’Ente comunale di assistenza (ECA), fa parte del Comitato direttivo dell’Opera nazionale maternità e infanzia (ONMI) e di quello dell’Istituto nazionale confederale di assistenza (INCA). Nel 1948 la Camera del lavoro di Milano la nomina sua rappresentante presso la Commissione per lo studio dell’Ente Regione Lombardia. In quegli anni fa inoltre parte dell’Associazione donne vedove e capofamiglia promossa dall’Unione donne italiane (UDI).
Lavora per alcuni anni alla Montecatini come analista alle miniere di Gorno; in seguito si dedica all’editoria, prima per la rivista “La chimica e l’industria”, poi come caporedattore scientifico per diverse case editrici tra cui Feltrinelli, Boringhieri ed Einaudi.
Muore a Milano il 28 febbraio 2013.

Name des Bestandsbildners

(1909 set. 28 - 1944 nov. 29)

Biographische Angaben

Bruno Venturini nasce il 28 settembre 1909 a Fano da Pietro e Maria Lombardi.
Dopo aver frequentato una scuola professionale e lavorato come garzone presso un barbiere si iscrive al liceo classico, che però deve interrompere per svolgere il servizio militare. Al suo ritorno a Fano preferisce presentarsi agli esami di maturità scientifica. In seguito si iscrive a Medicina e chirurgia veterinaria presso l’Università di Bologna. Dal 1932 svolge attività antifascista con un gruppo di militanti comunisti; a Pesaro e a Fano infatti si erano costituiti, rispettivamente, un comitato provinciale con compiti organizzativi e un centro stampa e propaganda. Venturini, insieme ad altri, scrive i testi di alcuni manifestini. Il 31 gennaio 1933, poco prima della stampa del giornale clandestino “La Scintilla”, per cui aveva già redatto l’editoriale, è arrestato a Bologna e tradotto nel carcere giudiziario di Pesaro. Processato dal Tribunale speciale insieme a gran parte degli appartenenti all’organizzazione fanese e pesarese, è condannato a dieci anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. È tradotto nel carcere di Civitavecchia, dove rimane fino al I febbraio 1938, quando beneficia di un condono di pena. Uscito dal carcere, nel 1939 si laurea in Medicina e chirurgia veterinaria; abilitato all’esercizio della professione, nel febbraio del 1940 si vede però respinta la domanda d’iscrizione. Si iscrive quindi Corso di laurea in Chimica presso l’Università di Camerino ottenendo la seconda laurea nel novembre 1942. Dal febbraio 1943, dopo essere entrato in contatto con il comunista milanese Giovanni Ferro per il tramite di Ugo La Malfa, si trasferisce a Milano dove è attivo nella riorganizzazione del Partito. Il Centro interno lo incarica di prendere contatto con esponenti di altri partiti in vista della costituzione dei Comitati antifascisti nazionali, Celeste Negarville gli affida il compito di trovare dei compagni per la costituzione del Fronte della gioventù e del Gruppo di difesa della donna. La Federazione milanese lo incarica di tenere i contatti con il Centro interno del Partito. È tra gli organizzatori degli scioperi di Milano del marzo 1943. Dopo la caduta del fascismo (25 luglio 1943) entra nell’illegalità riassumendo il nome di Gianni Bianchini, già utilizzato nei rapporti con alcuni compagni. Dopo l’armistizio (8 settembre 1943) si adopera per avviare in montagna i militari sbandati, i ricercati e i giovani renitenti. Il 25 settembre 1943, presso il Comune di Milano, sposa Libera Callegari, con la quale ha una figlia, Anna, nata a Bergamo il 29 luglio 1944. Dopo l’arresto della moglie, della suocera e della cognata Pasqualina (Lina), avvenuto il 30 dicembre 1943, per favoreggiamento di partigiani, il Partito lo invia a Roma per una misura cautelativa. Raggiunge la capitale munito di un certificato falso del Comune di Milano, secondo cui si chiama Carlo Federici, e si mette a disposizione di una delle otto zone (la settima) in cui il Partito aveva diviso Roma, dando il proprio contributo di azione e direzione politica e militare. Il 2 febbraio 1944 riparte per Milano, da dove poi raggiunge il Veneto dove ricopre il ruolo di commissario, con compiti di collegamento, della Brigata Mazzini della Divisione Nannetti, di ispettore, con compiti organizzativi, di tutte le formazioni dipendenti della Delegazione triveneta delle Brigate Garibaldi e di vicecomandante del Comando regionale veneto del Corpo volontari della libertà (CVL). Il 25 novembre è a Milano presso il Comando generale delle Brigate Garibaldi; durante il viaggio di ritorno, il 29 novembre, è riconosciuto a Brescia (mentre attende un mezzo di fortuna) dal suo ex insegnante di ginnastica, divenuto tenente della Guardia nazionale repubblicana. Nel tentativo di evitare la tortura e la fucilazione, tenta la fuga ma viene ucciso da due colpi di pistola.

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Existenz und Aufbewahrungsort von Kopien

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