Damiani, Calvino Pietro

Area dell'identificazione

Tipologia del soggetto produttore

Persona

Forma/e autorizzata/e del nome

Damiani, Calvino Pietro

Forme parallele del nome

  • Don Pietro

Forme del nome normalizzate secondo altre regole

Altre forme del nome

Codici identificativi di enti

Area della descrizione

Date di esistenza

1910-01-01/

Storia

Calvino Damiani (prenderà il nome di Pietro con l’ordinazione sacerdotale) nasce a Pesaro, in via Mammolabella nel Borgo, l’1 gennaio 1910.
Orfano di padre nel 1918, nel 1924 si trasferisce a Casorate Primo, vicino Milano, per raggiungere la madre, poi scomparsa nel 1927.
Lavora in fabbrica ma nel frattempo matura la vocazione sacerdotale, e dopo aver tentato l’ingresso in alcuni istituti religiosi, viene ammesso al seminario diocesano di Pesaro attorno al 1932, grazie all’intercessione dell’allora vescovo Bonaventura Porta.
Ordinato sacerdote il 4 agosto 1938, è l’icona del servizio quando venne inviato come cappellano a Santa Maria di Loreto: un servizio breve ma intenso compiuto nella fede e nello spirito formativo dell’Azione cattolica, troncato nel 1941 dalla chiamata a cappellano militare che gli fece conoscere i deserti del Nordafrica.
Nell’ottobre dello stesso anno don Pietro fa ritorno a Pesaro per motivi di salute, riprende il servizio a Loreto e nel 1944 si trova sfollato a Canavaccio di Urbino.
Qui, dopo una sparatoria di partigiani contro i tedeschi, ha luogo una rappresaglia e si minaccia la fucilazione di tanti innocenti.
Don Pietro si offre come “vittima sacrificale” per salvare i suoi compaesani, e il comandante tedesco decide di risparmiare lui e il resto della popolazione.
Ai primi di aprile 1945, mentre si trovava a predicare una missione popolare a Ripe di Senigallia, viene chiamato al “Campo profughi e reduci” di Udine.
La vocazione agli ultimi e ai giovani. Il secondo momento rappresenta la fioritura di padre Damiani come sacerdote: terminata la guerra don Pietro, cappellano al campo di Udine, si butta a capofitto per dare accoglienza e sistemazione prima ai reduci di guerra, e poi ai profughi giuliani, istriani e dalmati.
Non pago di ciò, pensa a una soluzione per dare una formazione corretta alla marea di orfani di guerra e ai figli di famiglie povere.
E’ il periodo più lungo ed esaltante: in particolare i primi anni (1946-1952) lo vedono lottare tra una serie di difficoltà economiche e logistiche, dovendo accogliere fino a ottocento ragazzi tra i 7 e i 16 anni. Per spiegare l’animo con cui don Pietro affrontò questi primi anni, basta citare il motto ancora presente nella porta d’ingresso dell’Opera: “In fide victoria”.
Dai giovani agli anziani. Il terzo momento è catalogabile come la parabola discendente dell’esistenza di don Pietro: il collegio termina l’attività nel 1977, pochi anni dopo terminerà anche la colonia estiva, e il sacerdote pesarese comincia a preoccuparsi di dare un futuro alla “sua” Opera.
Complice l’età avanzata, comincia a preoccuparsi dell’assistenza agli anziani, e per questo negli anni Ottanta matura il progetto di trasformare l’ex Villaggio del Fanciullo in casa di riposo per anziani.

Luoghi

Pesaro (luogo di nascita e di morte)

Condizione giuridica

Funzioni, occupazioni e attività

Mandato/Fonti normative

Struttura amministrativa/Genealogia

Contesto generale

Area delle relazioni

Area di controllo

Codice identificativo del record d’autorità

Codici identificativi delle istituzioni responsabili

Norme e/o convenzioni

Grado di elaborazione

Livello di completezza

Data/e della descrizione

Lingua/e

Scrittura/e

Fonti

Dal sito: www.fanoinforma.it

Note sulla compilazione